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giovedì 27 marzo 2014

Vola con me

SCRITTO DA: MARINA MIA - FABIO SCARPA - LIVIO BARBATO - ALESSANDRO CIVIERO - LIDIA POPOLANO

«Il destino siamo noi, con le nostre incertezze, con le nostre paure, ma solo nel riconoscerci possiamo scoprire chi siamo, perchè attraverso gli occhi degli altri possiamo ritrovare noi stessi. Scoprirò mai chi sei?».
Le sue parole profondamente vere la scuotevano nelle viscere, avrebbe voluto dirgli "Incontriamoci, vediamoci …" ma lui aveva l'arte di saper arrivare fino in fondo al suo essere e senza darle il tempo di rispondere affonda il colpo:
«Stai con me se non sai dove andare, lascia pure il mondo al suo grigiore».
Elisa rimase in silenzio, mille pensieri senza parole e poi: «Non chiedere di più. La tua vita è già piena di tutto ciò che sei. Non hai bisogno di ritrovarti nei miei occhi o di sapere chi sono io, lasciamo che il destino porti a termine la sua corsa contro il tempo. Il nostro tempo è passato, riconoscerci oggi è stato solo un caso, un maledettissimo caso della vita!».
Ci fu un attimo di silenzio, Elisa pensò di essere riuscita a farlo desistere e forse adesso le avrebbe detto addio, ma lui fu ancora più glaciale e senza indugio: « La mia vita è piena di ciò che voglio io. E' la mia di vita, ho solo questa vita. Decido io il mio oltre. Ed il mio oltre oggi sei tu, voce misteriosa arrivata da non so dove. E tu? Perché non voli con me? Hai forse paura? Non nasconderti a me».
«Forse hai ragione tu, forse è solo paura,o forse è solo un'emozione, un battito di ali mai vissuto che ora mi fa paura. Ma tu non portarmi via questo volo, anche se solo immaginario, lasciami volare con te».
Le parole avevano preso voce ed i pensieri erano liberi di raccontare una verità da troppo tempo celata dalle pagine di vita che il destino aveva scritto per loro in maniera diversa. La curiosità di lui di sapere a chi apparteneva quella voce che tanto gli sapeva di familiare lo tormentava ma allo stesso tempo sentiva dentro un bisogno di abbracciarla e di accarezzarla; così, dopo le ultime parole di Elisa disse: « Non ti porto via questo volo. Posso insegnarti a volare … non nascere con un paio d'ali credo che sia il vero limite umano. Vola con me!».
Quelle parole le rapivano il cuore, Elisa nei giorni seguenti a quelle telefonate, all'incontro con quella voce che le pareva di conoscere nell'intimo da sempre, visse un sogno ad occhi aperti. La realta' del presente era l'unico frangiflutti a quella marea imponente che si impadroniva di lei ogni qualvolta il cellulare suonava ed appariva quel numero, ormai familiare ma sempre sconvolgente per le sue emozioni, per il suo fragile equilibrio. La notte, accanto al suo lui, all'uomo tangibile del suo presente, così distante dal suo cuore, così vicino nel suo letto, ogni notte, il pensiero volava, indossava penne magiche di gabbiano, lisciava le ali con la vanita' e la pudicizia dei battiti crescenti del cuore e si librava nel cielo, e ad occhi chiusi tutto intorno svaniva nella dolcezza del suo volo radente a sfiorare il ricordo delle parole del suo lui proibito, dell'altro, di quella voce che , come per magia, riusciva a carezzarle l'anima, a farle sussultare il petto, ad accelerarne il respiro.Ed ogni volo, a sfiorare il dormiveglia ed il sogno, le lasciava dentro una grande amarezza quando, per il risvegliarsi del giorno o per il riapparire tangibile del suo lui del presente in quel letto troppo stretto per coccolare il presente ed il vorrei.., planava verso terra atterrando rovinosamente sui cocci di quella che doveva essere una vita d'amore e di gioia e che con il tempo aveva perso entusiasmo, passione,semplicemente sfumate nel passare degli anni.Ma Elisa, come ogni donna, razionalizzava velocemente ad ogni risveglio quanto fosse importante resistere al lui dei sogni, a quelle parole al telefono, eppure lo sguardo, mentre preparava la colazione, insisteva sul visore del cellulare..l'attesa, la voglia di volare era troppa per resistergli a lungo.
Quella telefonata non arrivò. Passarono i giorni, le settimane e poi: «Cercasi disperatamente indizio che possa aiutarmi in una identificazione visiva del tuo essere. Vuoi regalarmi questo sano istinto, o debba immaginarti come l'alba ed il gabbiano che ti rappresenta? Il troppo celarsi non premia le alchimie della vita». Sulla sua pagina del social network, ora lui si mostrava così, una foto, un messaggio in chat e tutto il mondo fuori. Elisa avrebbe voluto ignorare quel messaggio, avrebbe voluto non sapere che tra i migliaia di possibili contatti lui l'aveva cercata. Che fare? E poi, perché? Tutto questo non aveva senso. Anni e anni senza mai sapere l'uno dell'altro, vite vissute distanti. Qualche amico in comune che ogni tanto ci racconta di eventi speciali di quell'amico di comitiva di tanto tempo fa, il piacere di sapere che la vita è stata generosa e ci ha regalato gioie indelebili e poi? E poi …. Elisa non ha più pensieri ma solo parole che dai meandri del suo essere prendono suono:
«Come il gabbiano jonathan la mia sete di libertà va oltre l'orizzonte e anela a volare sempre più in alto. Stiamo già volando insieme, a me basta condividere anche solo un pezzetto di cielo ….
"Un pezzetto di cielo per ritrovarsi
un battito d'ali per respirare un ricordo
un attimo per cadere nell'oblio 
tutto questo filosofando sul tempo ed il suo divenire!"
Non voglio andare oltre, è stato bello ritrovarmi a parlare con te, ma il nostro tempo è passato»
E un giorno guarderai al tuo passato e ci sarò io, tra i tuoi sogni maledetti, quelli che hai sempre desiderato, che hai temuto come il tuo limite a questa vita, vola con me! Non aver paura! Liberati.
Elisa pensò a quelle parole che nella sua mente la lasciarono esterrefatta, come tutto quello che stava vivendo in quei giorni. 
Quell'essere desiderata e nello stesso tempo desiderare un qualcosa che andava al di là di quello che aveva provato fino ad ora. Essere amata senza sapere dove poteva volare con i suoi desideri, ben oltre tutto il suo mondo fatto di calma, di giornate sempre uguali, di persone che vedevano solo in lei la normalità dell'esistere. 
Si chiedeva se era l'unica che poteva avere quelle ali che la portavano in un altro mondo, fuori da ogni istante in cui si perdeva il tempo. O forse sperava che non fosse tutto un sogno e aveva il timore che svegliandosi qualcuno glielo portasse via. E tutto era immobile nella stanza. un silenzio che lasciava i suoi pensieri volare liberi tra i suoi sogni. Cellulare, computer, radio tutto fermo ad attendere un cenno per ricominciare la normalità che Elisa non voleva iniziasse. Tornerai da me, i miei occhi ti desiderano come tutto nella mia vita, allora mi sveglierò e le mie ali ti terranno strette fino ad appoggiarti sul suolo della tua anima. Questo gli diceva il suo cuore, questo era quello che le parole di lui gli avevano fatto vibrare nelle notti e nei giorni e la sua esistenza era un battito di quelle ali ad ogni palpito del suo cuore che la portavano lontano dalla paura e vicino a riconoscersi Amore.
Era questo desiderio di volare che scovava Elisa ad ogni ora del giorno, che inquietava il suo riposo notturno, che la faceva aggrappare il più possibile al suo uomo, all’uomo del suo presente e del suo reale, per cercare da sé d’impedirsi di aprire le ali e staccarsi da terra. Guardava suo marito, ma non trovava l’altra sua metà, quella che sentiva mancarle, quella che probabilmente aveva già spiccato il volo e l’aveva svuotata. Ancora una telefonata, ancora una volta quella voce e l’avrebbe fatto, si disse. Elisa aveva deciso che sarebbe stata il proprio destino, e che non avrebbe più tarpato le sue ali. Ma ancora, per adesso, dubitava. Quel messaggio non arrivava, il telefono, per il momento, non squillava e la pagina del social network rimaneva anonima. Una domenica mattina, Elisa si era svegliata stranamente poco turbata dai suoi soliti sogni di vaghezza che la trasportavano in cieli tersi e di un azzurro come gli occhi di lui, o come li aveva idealizzati. Aveva baciato lievemente suo marito sulla guancia, mentre si girava sorridendo dall’altra parte. Gli disse che sarebbe uscita per fare un po’ di jogging. Prese con sé il cellulare, le cuffiette, e s’infilò una felpa, i pantaloni tecnici aderenti e uno scalda collo, annodando in un elastico di spugna i suoi capelli biondo cenere. Ecco la cosa che l’avvicinava di più alla sensazione di volare, di librarsi nell’aria… correre leggera, lungo i viali vuoti della domenica mattina, con l’aria frizzane sul volto e la musica che le piaceva di più nelle orecchie. Poi li vide. Vide gli occhi di quella bambina. Una piccola che doveva avere tre o quattro anni, in braccio ad un uomo che indossava una felpa con cappuccio, e gli nascondeva il volto. Che ci faceva quell’uomo, con una bimba così piccola, in giro per le strade di prima mattina? Ma gli occhi della bambina erano quelli di lui, quelli dei suoi sogni.
Quel ritrovarsi negli occhi degli altri, mentre ci guardiamo attraverso e vediamo noi stessi. Elisa stava per rifare quel volo, e non riusciva a staccare lo sguardo da quello puro e cristallino della bambina che le passava accanto in braccio a quell’uomo misterioso. Elisa rallentò la corsa, incrociò la tenera coppia e gli occhi della bambina, che aveva portato una manina alla bocca, ed aveva assunto quell’aria interrogativa che solo i bimbi riescono ad avere. Voltava la testa , Elisa, estasiata da come quello sguardo non fosse su quel visetto infantile, ma usciva direttamente dal profondo del suo cuore, dai suoi pensieri più nascosti. Ormai s’era fermata, la testa voltata indietro, mentre l’uomo che imbracciava la bimba era passato oltre, apparentemente senza accorgersi del suo interesse. Rapita dal suo stupore, Elisa sapeva che non avrebbe proseguito la sua corsetta mattutina nel parco, ma avrebbe fatto dietrofront e seguito l’uomo con la bambina in braccio. Sapeva di essere irrazionale, sbagliata, inopportuna, ma sentiva anche di non avere scelta. Elisa resistette ancora qualche secondo, immobile nelle sue scarpe da jogging, mentre fissava le spalle della persona che avanzava dietro di lei, con tutta la calma dettata dal pacato scorrere del tempo di una domenica mattina. Quando gli occhi azzurri della creatura sparirono in lontananza, sopra le spalle dell’uomo che Elisa credeva ovviamente suo padre, la donna si decise e l’impulso che guidava la sua mente, si sintonizzò con quello che il suo cuore le suggeriva già da alcuni minuti. Allora non indugiò oltre e con una lenta ma inesorabile corsetta, raggiunse l’uomo che aveva sempre idealizzato e sorrise dolcemente al volto della bambina incuriosita. Allungando una mano, toccò la spalla di lui, pentendosi un secondo dopo averlo fatto.
Una frazione di secondo. Un tempo infinito. Un gesto istintivo. Il ritmo del cuore che correva senza fiato, la mente offuscata e stretta dal senso di incoscienza che non era riuscita a controllare. Un attimo, solo un attimo. Quell'uomo con la piccola in braccio si girò e tutto si fermò in uno spazio senza tempo, nel tempo di spazio che li aveva tenuti lontani da sempre e per sempre. Fermi. Immobili. L'uno di fronte all'altro. L'azzurro dei suoi occhi la inondarono ed il suo cuore sembrò annegare. «Elisa». Il suono della sua voce ... il silenzio della sua anima. «Anche tu qui?», con un fil di voce rispose lei. «Ci piace passeggiare al parco la domenica mattina», continuò lui. Mentre pronunciava le parole "Ci piace", lei riprese fiato e gli occhi della piccola la riportarono alla realtà. Non erano soli. Lui non era solo. Quella piccolina era sua figlia. Aveva messo su famiglia e adesso passeggiava per il parco con lei. «Abbiamo lasciato la mamma con Mattia. Oggi il fratellino ha le prove in Chiesa per la Cresima. Mattia ha 9 anni». Quel fiume di parole furono come onde che si infrangevano su di lei. Elisa ascoltava pietrificata con un sorriso stampato sulle labbra e qualche sguardo dolce alla piccola. Lui in meno di qualche minuto le stava raccontando la sua vita, la quotidianità della sua famiglia, i figli che crescono, gli impegni, la moglie che si occupa del grande ed il papà che porta a passeggio la piccola. La mente di Elisa ascoltava e ripercorreva il tempo all'indietro. - Sposato da più di nove anni (qualche anno dopo il loro ultimo litigio ai tempi del loro flirt!), due figli, un maschietto già grandicello, e la piccolina, quasi 4 anni (una splendida bambina dagl'occhi azzurri come il papà ed il volto pacioccone).- Elisa ascoltava. Avrebbe voluto volare via con un battito d'ali, ma la naturalezza con la quale lui si raccontava l'aveva lasciata senza parole e le sue ali erano diventate pesanti.
«E tu, come stai? Come va?» Le parole di lui si sciolsero nell’aria frizzante del mattino e quasi non raggiunsero le orecchie di Elisa. Lei vide il suo sorriso, avorio bianco come cime d’alta montagna, e quel sorriso si rifletteva anche nei suoi occhi. Il sorriso che fece Elisa era invece trattenuto, a bocca chiusa e storta, seguito da una risposta che difficilmente poteva suonare sincera: «Io bene, grazie». Mentre in realtà avrebbe voluto dirgli: ti penso in continuazione, non lo sapevo, ma eri tu, nei miei sogni, nei miei voli quotidiani. Avevo cercato di rimuovere la forza che mi trasportava verso di te, ma è stato tutto inutile. Il mio volo ha solo una meta, e sei tu, sei tragicamente tu, adesso che so di averti perduto per sempre, di certo, definitivamente, in quanto vedo la felicità dipinta nei tuoi gesti, nel tuo viso, nelle tue parole… sulla tua bambina. È vero che il nostro destino siamo noi, ma alle volte il destino è sbagliato e ci conduce dove non vorremmo andare. Poi scattò qualcosa nella mente di Elisa. Cercò di capire ciò che premeva dentro e alla fine uscì, come un volo di gabbiano, riportandole alla mente quelle chiamate, quei messaggi, quelle parole assorbite come schiaffi di dolce realtà. Era lui, Elisa era sicura. Stava per dirglielo, ma forse lui vide la strana luce che era affiorata nel suo sguardo. Elisa stava per dirgli: “come il gabbiano Jonathan la mia sete di libertà va oltre l'orizzonte e anela a volare sempre più in alto”. Ma la bambina in braccio al papà cancellò di colpo quella fantasia, gettando la testolina al collo di lui e pregandolo di andare a casa, con la sua vocina che era reale più degli alberi del parco e dei raggi del sole ancora radenti. «Sì tesoro, andiamo.» Disse lui, mettendola giù. Gli occhi blu della bambina s’incrociarono con quelli di Elisa, facendola tornare in sé. «Beh… allora, ciao…» disse distrattamente. «Ciao.» disse suo papà. Ecco la voce di lui che si stava di nuovo allontanando.
Lentamente lui si allontanava con la sua piccola in braccio. Elisa non riusciva a muovere un passo. Lo sguardo su di lui, su quel pezzetto di famiglia che avrebbe potuto essere la sua. Ai tempi del loro flirt, lui era un ragazzo "rivoluzionario", capelli lunghi, sogni alla Che Guevara, voce dei più deboli, chitarra in spalla e tanta gioventù dentro da poter cambiare il mondo. Lei era la classica figlia "perfetta", andava regolarmente a messa, buona con tutti, mai una parola di troppo, sorridente e sempre pronta ad aiutare il prossimo. Si incontrarono un pomeriggio come tanti ad una riunione di giovani, un sorta di comitiva interessata al volontariato. Il sacerdote della parrocchia li aveva invitati a creare una raccolta fondi per i bambini dell'ospedale e mentre esponeva il progetto lui arrivò. L'aria da ragazzaccio, jeans nero, camicia scura a fiorellini sul glicine, stivaletti alla cowboy di quelli con il tacchetto e le fibbiette sui laterali che fanno rumore mentre cammini. Nel silenzio lo sentirono arrivare, entrò, chiese scusa per il ritardo e prese posto, di fronte ad Elisa. «Questo è il progetto. Che ne pensate? Avete qualche domanda?». Il parroco aveva concluso, in sala si commentava a mezze parole, ci si consultava sulle modalità di realizzazione e ... «Ciao, mi chiamo Andrea. Non ti avevo mai incontrata da queste parti». Quella voce l'attraversò, il cuore palpitava senza un perchè mentre l'azzurro dei suoi occhi la travolgevano verso un'emozione inaspettate. Cercò velocemente due parole da mettere insieme e rispondere, riuscì a deglutire ed a mandare giù, non si sa dove, quell'emozione forte che l'aveva fatta tremare dentro: «Sono Elisa, vengo solo a messa in questa parrocchia. Lucia mi ha invitata a questa riunione». Da quel momento Elisa ed Andrea cominciarono a frequentarsi, a telefonarsi a tutte le ore, a condividere interessi comuni ed a litigare su come migliorare il mondo!
Elisa tornò a casa e nella sua mente rivisse ancora una volta il film della sua vita con lui, quel sogno che iniziava tra due ali che vibravano felici in alto tra le nuvole. Tutto era ben definito nelle immagini e nei sentimenti che provava, ogni volta che Andrea gli parlava e con la sua voce le turbava l’animo. Quelle parole che al telefono gli davano la tenerezza di essere amata e amante nello stesso tempo, che le facevano trovare il tempo di volare senza paura nell’essere la sua donna e che quando riuscivano ad incontrarsi, scoppiavano, in un turbinio, di coinvolgimento, di passione sfrenata oltre ogni limite. 
E ricordava le parole tremende che Andrea le diceva e che le suonavano sempre più penetranti nella sua esistenza, da cambiarla, ogni volta che si intristiva non avendolo al suo fianco sempre: “Ricorderai il mio amore, la mia passione, il mio ardore e per noi ci sarà sempre il momento che nei ricordi ci stringeremo e ci ameremo e non sarà niente perso, ma un tutt’uno. Io in Te e Tu nei miei pensieri.”
Elisa, tra le lacrime, ascoltava la sua voce soave allontanarsi e poi lo rivedeva con la sua famiglia felice in una giornata qualunque, sorridenti, noncuranti che lei a pochi passi voleva volare, ancora una volta, con quelle ali che Lui le aveva insegnato ad alimentare con il loro limite nel vibrar dell’anima e che lei, senza volerlo, aveva rinunciato nella sua esistenza. 
Ma lo aspettava, ancora, per rivedersi persa all'orizzonte sul mare dei sentimenti che li univano.
C’è stato un tempo per lasciarsi vivere, per farsi avvolgere da un sonno pacificatore
come di brezza tiepida ... ristoratrice.
C’è un tempo, il tempo dello stupore prudente
il tempo dell’ascolto col fiato sospeso
il tempo delle anime che si sfiorano in punta di piedi
di comunicare senza parole, di portarti sempre con me
e sentirti anche quando non ci sei
di guardarsi intorno e scoprire una buona e benedetta volta
che non c’è “un amore”, c’è “l’amore”
di tutti e per tutti e di me per me
finalmente è giunto per me il tempo di vivere ed amare
Aiutami tu, amore mio
a scacciare la dolorosa sensazione
che sia giunto per me il tempo di morire ...

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