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martedì 25 marzo 2014

Qualcosa d'importante

SCRITTO DA: GIOVANNI BERIA - MASSIMO FERRARIS - RITA MAURIZI - ANONIMO

Sicuramente ho esagerato a dirle che mi sono stancato di lei. Ultimamente, però, l'ho pensato spesso. E' stato il tormento fisso dell'ultimo mese, a dire il vero. Non ricordo come sia iniziato questo disamore verso mia moglie Sara. Stiamo insieme da una vita, quasi 25 anni; abbiamo avuto Franco e Sabrina che vivono e dipendono ancora da noi, studiano tutti e due, si stanno per laureare, poi dovranno cercarsi un lavoro. Non so cosa mi sia successo, come abbia potuto perdere il controllo. Io sono una persona pacata, che pondera le parole, l'eventuale ripercussione che potrebbero avere sulla persona a cui le rivolgo. Fa parte anche del mio lavoro. Mi occupo del personale, dei suoi problemi, la sua formazione. Ascolto e do consigli. Prima, tornare a casa era come rientrare al porto dopo un giorno di tempesta. Si rideva, si scherzava, ci raccontavamo cose, io e Sara. Mi interessavo e discutevo con i figli dei loro problemi. Ultimamente, invece, ritardo, prendo tempo. Ho sempre la scusa pronta. Non ho un'altra donna; sotto questo aspetto sono fedele: non potrei tradire. Mi è nata dentro, piuttosto, una sorta di apatia verso tutto quello che mi circonda. Persino nel mio lavoro sono diventato distratto, io che sono stato sempre attento ai dettagli, che ho, si può dire, creato all'interno dell'azienda il mio incarico, con soddisfazione sia della dirigenza che dei lavoratori. Forse è stato quando ho guardato fuori dalla finestra. I nostri uffici sono affacciati sui giardini pubblici. La giornata era davvero bella, l'aria tersa, e ho creduto per un attimo di avere la capacità di toccare le fronde degli alberi solo allungando un braccio. E l'ho allungato. Era evidente che non potessi farlo: sono oltre la strada, a 20 metri; ma anche se ho riso di me, ho avuto in quel momento la certezza che stavo perdendo qualcosa di importante.?
Questa sensazione di allontanamento la sto provando anche durante il lavoro. In questi giorni ho perso l'interesse per le piccole battaglie in cui mettevo anima e cuore. Forse è il momento, o forse ho bisogno di ferie. Niente sembra essere cambiato, ma avverto che il mio mondo, quello che conosco ed è solo mio da una vita intera, sta andando alla deriva. Un pezzo alla volta si allontana dalla terraferma e prende il largo, creando in me degli scompensi che non comprendo. Ho pensato di parlarne con il dottore e non ha capito niente. Per lui sono solo fisime di un uomo di mezza età che sente che il futuro è più corto del passato. Mi ha prescritto degli antidepressivi. "Prenda lo Xanax, quando ne sente il bisogno". Ma quando posso sentire il bisogno se non so nemmeno io cosa mi succede. Non è un mal di denti, nemmeno un'influenza, è un distaccamento dalla propria vita e non c'è medicina che possa curarlo.
Sabrina si è accorta che qualcosa non va. Lei, mia figlia, mi legge dentro come un libro aperto; riesce a farlo come nessun altro. Ieri sera mi ha raggiunto nello studio, l'ho sentita arrivare alle spalle, mi ha appoggiato le mani e mi ha detto: -Non sei più tu papà...-
Non ho avuto il coraggio di voltarmi, non avrei potuto reggere il suo sguardo, le ho afferrato le mani e le ho accarezzate in silenzio, mentre le lacrime iniziavano a rigarmi il viso.
-Io ci sono, quando hai bisogno di parlare e quando ti senti solo. Ma ti prego, non andartene.-
Se ne è andata, lasciandomi solo davanti al monitor del portatile, ma con la consapevolezza di avere un'ancora a cui aggrapparmi.
Il problema è che non so cosa mi stia succedendo . Mi rendo conto che qualcosa in me è cambiato sembra che tutto ciò che mi circonda è un mondo estraneo di cui non faccio parte . E' come se avessi perduto la memoria ,non dei nomi o dei fatti reali , no, la mia mente è lucida in questo senso , è la memoria dell'anima che non sento. La mia anima è volata , è scomparsa e con lei i sentimenti non riesco a provare niente e vivo nel vuoto . Un vuoto che pesa come un macigno e fa stare male. L'emozione non c'è più per niente e per nessuno . Non ho smesso di amare la mia famiglia ma è un amore che sa di abitudine e di dovere. Tutto mi da fastidio ed è ingombrante il loro parlare durante la cena , le scaramucce che hanno sempre animato la tavola,il sorriso di mia moglie e me stesso , non sopporto nemmeno la mia ombra a volte.
Sara mi ha aspettato sveglia questa sera. In genere, quando entravo in camera lei già dormiva o fingeva. E' appoggiata alla spalliera del letto con un libro aperto tra le mani, ma credo che non abbia nemmeno iniziato a leggerlo, da come ha sollevato subito la testa o forse l'ha sempre tenuta fissa alla porta per vedermi entrare ed essere pronta ad affrontarmi. Non l'ha mai fatto ultimamente, da quando le ho detto che mi ero stancato di lei, anche se avevo subito corretto il tiro, aggiungendo "di tutto, di quello che faccio", ma credo che le prime parole siano state quelle rimaste più impresse nella mente. Non ci siamo più parlati da allora, solo semplici scambi di osservazioni relative alla quotidianità, necessità correnti. Anche le nostre figlie hanno parlato poco, addirittura fuggivano subito, non cenavano quasi più con noi. Solo Sabrina ha fatto timidi tentativi di coinvolgimento. "Non credi che dobbiamo parlare?" Ha detto Sara, chiudendo il libro e poggiandolo sul comodino. "Certo." Ho risposto. Ho preso la sedia e mi sono seduto di fianco a lei. Erano mesi che non guardavo mia moglie in quel modo, con intenzione intendo. Il suo sguardo era stanco, tuttavia i suoi occhi avevano una luce che non ricordavo più. Sapevo che aveva pianto, che doveva essersi sciacquata il viso, prima di mettersi a letto. Quelle lacrime sicuramente l'avevano convinta che era giunto il momento di arrivare ad un spiegazione. "Vorrei capire se conto ancora qualcosa per te, e se sì, vorrei soprattutto capire come posso aiutarti. Se vuoi ancora che ti aiuti, ovviamente. In passato è successo, no? Abbiamo risolto molti problemi, all'inizio." Confesso che queste sue parole mi hanno spiazzato. Avevo intuito che saremmo arrivati a questo, a parlarci, testa a testa. Sì. In passato ce n'erano state di queste riunioni in camera da letto, credo che siano comuni nella vita di coppia.?
E' che allora quelle riunioni sapevano di problemi precisi , di diversità di opinioni, di decisioni da prendere adesso io non so da dove cominciare. Sara capisce che ho lo sguardo perso , s'infila dentro la sua forza d'animo , mi si avvicina 
" Io sono convinta che non si tratti di un'altra donna ed è quello che ho cercato di far capire alle nostre figlie . Loro temono che tu vada via per una sbandata"
Mi conosce fin troppo bene sa che il tradimento non fa parte di me e che le voglio bene come la prima volta . Penso al dolore che ho provocato a tutti e questo mi fa sentire un po' stronzo . Sono contento di provare senso di colpa, infondo vuol dire che non sono diventato un robot senza cuore.
Ma non basta per dire che tutto è passato. 
"Sono spento Sara . Capisci cosa intendo? "
"Si, credo di si ,ma non sei fulminato ,possiamo provare a riaccendere la tua luce insieme o puoi provarci da solo se pensi che sia questa la strada migliore"
"E allora aiutami, Sara" le ho detto, prendendo le sue mani tra le mie.
Mi ha sorriso. Un sorriso tenero e affettuoso in contrasto con l'ombra di dubbio che velava i suoi occhi.
"Ci provo, ma tu mi devi dare la possibilità di aiutarti" mi ha risposto dopo un po' "Puoi prenderti due settimane di ferie al lavoro?"
Le ho fatto cenno di sì. Ci stavo già pensando, in realtà.
"Adesso dormiamo" le ho detto.
Lei ha spento la luce e mi ha augurato la buonanotte. Nessuno di noi due ha preso sonno subito. Nessuno di noi due ha più parlato.
La mattina dopo sono andato via presto. Sara era ancora a letto. Fingeva di dormire.

Due giorni dopo, Sara mi ha chiesto di mettermi in ferie dal venerdì successivo. Non mi ha chiesto se potevo prendere le due settimane libere dal lavoro, mi ha detto di mettermi in ferie e basta. "Se questo è il modo di aiutarmi, sta partendo male" ho pensato. Mi ha dato sui nervi.
"Fidati" mi ha detto lei, come se mi avesse letto nel pensiero.

Il venerdì, quando sono rientrato dal lavoro, Sara mi ha accolto con un sorriso e una busta tra le mani. Le ho detto che avevo preso le due settimane di ferie, ero libero.
"Allora, presto, preparati. Partiamo tra due ore. La primavera a Parigi è splendida".

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